I BAMBINI NELLA RETE
( di LUCIANA SICA )
Intervista a David Meghnagi oggi alla guida di un centro
su infanzia e tecnologie
( fonte: http://www.repubblica.it )
La "relazione d'amore" che i bambini intrattengono con il computer tende a scatenare
previsioni nere sul futuro delle nuove generazioni.
C'è una retorica del pessimismo che pervade il mondo adulto quando si accenna
ai piccoli superesperti del Web, come se per loro Internet fosse uno strumento
certo di analfabetizzazione oltre che una pericolosa baby sitter senza filtri
n¹ censure.
Tutti a fare dell'allarmismo (ma non è stato sempre così di fronte ai grandi
cambiamenti culturali?), e mai nessuno che si chieda se per caso i piccoli cybergeni
non alimentano, proprio grazie alla rete, anche più fantasia e intelligenza
dei bambini di un tempo, facendo un'esperienza altra del mondo, senza i contesti
educativi già noti e dati come eterni.
Tra i tanti irriducibili dinosauri ostili a ogni forma nuova di conoscenza come
pure tra i pochi nuovisti a oltranza mai sfiorati dal dubbio, le idee sono comunque
molto confuse, basate inevitabilmente su impressioni più che su ricerche e studi
di una qualche attendibilità.
Il laboratorio di ricerca dell'infanzia, diretto da David Meghnagi presso l'università
Roma Tre, è forse uno dei pochi luoghi dove il mondo emozionale e lo sviluppo
cognitivo dei bambini viene studiato in relazione all'uso crescente delle tecnologie.
Non a caso questa stessa università sta cercando di "aiutare" gli insegnanti
di alcune scuole romane, dalle materne in su, a prendere dimestichezza con i
computer e le potenzialità didattiche della rete.
Meghnagi, che quest'anno avrà la cattedra di Psicologia clinica, è anche un
"ordinario" della Società psicoanalitica noto per i suoi studi sul rapporto
tra freudismo ed ebraismo (da Il padre e la legge al carteggio tra Freud e Arnold
Zweig, entrambi pubblicati da Marsilio).
Meno noto è che Meghnagi ha avviato la sua attività proprio con l'osservazione
dei bambini, quelli inseriti nei kibbutz israeliani, e poi a Roma con la cura
di piccoli pazienti anche gravemente disturbati. Ora si direbbe preso da un
"ritorno di fiamma" (anche sull'onda di una paternità molto vissuta) per i giovanissimi
internauti.
E' quindi allo psicoanalista dell'infanzia che ci rivolgiamo per capirne di
più.
Saranno pure usati ancora poco e male, ma ormai i computer
a scuola ci sono, e con fini esplicitamente pedagogici. Ma è la telematica da
intrattenimento che intanto ha invaso il tempo dell'infanzia. Perch¹ questi
oggetti catturano così tanto la mente del bambino?
"Perch¹ il piacere della manipolazione di questi oggetti per produrre cambiamenti
del campo visivo entra in relazione con la straordinaria capacità di fantasticare
del bambino, con il suo pensiero "sincretistico", basato sulla sovrapposizione
delle cose, che ha una natura prevalentemente inconscia.
Il mondo virtuale, che nelle sue varie espressioni rimanda alle metafore del
mondo onirico, è molto vicino alla sensibilità infantile. La stessa destrezza
elettronica del bambino nasce da questa profonda fascinazione, dal gusto di
toccare e di trasformare, di agire sul reale anche se virtuale".
A lei non sembra sospetta tutta questa preoccupazione
degli adulti? Sembra che vogliamo mettere i bambini sotto una teca, i nostri
prodigiosi pargoletti, e contemplarli, meglio se da lontano...
"Dico che senz'altro c'è un'angoscia degli adulti nei confronti di tutto quello
che non controllano... E' avvenuto del resto anche con la scrittura: la maggioranza
dei genitori aveva paura di avviare i loro figli in età troppo precoce all'apprendimento
della scrittura, e della lettura. Un atteggiamento irrazionale, se si pensa
che per dire nella tradizione ebraica i bambini, già a trequattro anni, imparavano
a scrivere e a leggere, senza nessun effetto negativo...
Il problema vero è un altro: è come e anche per quanto tempo i più piccoli possono
tranquillamente navigare in rete".
Cominciamo dal "come"... Una volta certi di evitare
i "brutti incontri", l'accesso ai siti violenti o pornografici, gli adescamenti
dei pedofili e quant'altro, potremo lasciare i nostri figli soli davanti al
computer?
"Direi proprio di no. Se l'adulto "deposita" un bambino davanti a un video,
lasciandolo imbambolato e senza nessuna forma d'interazione con gli altri, grandi
o piccoli che siano, la rete diventerà pericolosamente passivizzante... Internet
non può essere in nessun caso un sostituto della relazione affettiva, emotiva,
importante per tutti noi, e per i bambini ancora più essenziale".
Per quale ragione?
"Per la "semplice" ragione che la relazione umana è alla base dello sviluppo
cognitivo e non solo emotivo del bambino, nel senso che le emozioni sono un'attività
interpretativa della realtà e quindi un elemento irrinunciabile della crescita
psichica.
E questo sia dal punto di vista filogenetico, della memoria della specie, sia
dal punto di vista ontogenetico, del nostro essere al mondo.
Sono già di ordine interpretativo come un primo orologio che segnala la realtà
le attività del sistema limbico, che è una parte più "antica" del cervello rispetto
alle altre, dove è anche strutturata la sede dell'affettività e dell'aggressività.
E sin dall'inizio, è la nostra stessa vita emotiva di tutti i giorni a filtrare
la lettura cognitiva della realtà".
Tutto questo per dire cosa, su un piano meno astratto?
"Che l'intelligenza di un bambino è profondamente legata alla sua capacità di
vivere ed esprimere le emozioni. E allora, va bene se c'è un adulto "significativo"
accanto a un bambino davanti al computer, va benissimo se un gruppo di bambini
gioca e apprende attraverso questo mezzo.
Va male invece se il bambino si rifugia in una stanza, solo per ore davanti
al video: questa è la spia di un disagio familiare, vuol dire che quel bambino
non comunica con i genitori e cerca una qualche via di fuga rispetto a una situazione
intollerabile, come una volta potevano essere i diari... Le tecnologie, anche
le più istruttive, non possono mai sostituire la relazione "viva" tra la madre
e il suo bambino, tra i genitori e il loro bambino. Questo è il punto".
Lei accennava anche a un problema di tempo di esposizione
dei bambini al computer... Sembrerebbe una banalità e invece è una questione
molto seria, che va almeno accennata.
"Purtroppo non c'è ancora nessuna cultura della salute legata all'uso del computer,
che può aggredire la retina e affaticare gravemente gli occhi, così come un
eccesso di mobilizzazione della mano può produrre dolori articolari, infiammazioni.
Sono questioni serie, tanto più se parliamo dei più piccoli...".
Torniamo alla questione di fondo: i bambini ormai tendono
a vivere la rete come il più grande giocattolo globale a loro disposizione.
Non potrà essere anche un fatto positivo? Questi bambini alla fine non avranno
forse "una marcia in più"?
"Senz'altro sì, se i bambini anche in età precoce saranno aiutati a usare attivamente
il computer, e non solo a subirlo come un serbatoio da cui attingere passivamente,
che sarebbe un modo per alimentare l'ignoranza.
Ma l'educazione potrà conoscere un salto positivo di qualità soltanto se saremo
in grado d'integrare il mondo della nuova oralità rappresentato dall'eterno
presente del video con la tradizione della memoria e della scrittura, altrimenti
andremmo incontro a un processo di svuotamento della dimensione storica, un
danno culturale gravissimo".
(9 settembre 2001)